Nel contesto attuale, la pubblicità sanitaria rappresenta uno strumento fondamentale per medici, fisioterapisti e altre figure sanitarie che desiderano far conoscere i propri servizi, promuovere la propria attività e consolidare la fiducia dei pazienti. Tuttavia, si tratta di un ambito fortemente regolamentato, in cui è facile incorrere in sanzioni se non si conoscono le normative specifiche che disciplinano la comunicazione in ambito sanitario.
Con l’aumento dell’uso del web, dei social media e delle piattaforme digitali anche da parte dei professionisti della salute, è diventato ancora più importante sapere cosa si può comunicare, con quali limiti e attraverso quali canali. Questo è particolarmente vero per figure come il fisioterapista, spesso libero professionista, o il medico specialista che opera in regime privato.
Informare sì, ma con rigore
È fondamentale distinguere tra informazione sanitaria (lecita e doverosa) e pubblicità promozionale (spesso vietata). L’obiettivo del legislatore non è impedire la visibilità dei professionisti, ma tutelare il cittadino da messaggi fuorvianti, non verificabili o che possano creare aspettative irrealistiche.
Per questo motivo, la pubblicità sanitaria deve sempre essere:
- Veritiera
- Trasparente
- Oggettiva
- Non equivoca
- Non comparativa
Questa guida è pensata per offrire a medici e fisioterapisti una panoramica chiara e aggiornata sulla normativa vigente in tema di pubblicità sanitaria, dalla A alla Z. Analizzeremo quali contenuti sono ammessi, quali sono vietati, quali canali possono essere utilizzati, e come evitare errori che potrebbero comportare sanzioni disciplinari o danni reputazionali.
Quadro normativo: le leggi fondamentali sulla pubblicità sanitaria
Quando si parla di pubblicità sanitaria, è essenziale conoscere i limiti imposti dalla legge. In Italia, la normativa in materia è articolata e si è evoluta nel tempo per bilanciare due esigenze fondamentali: la trasparenza dell’informazione sanitaria e la tutela del paziente da messaggi ingannevoli o eccessivamente promozionali.
Dalla legge 175/1992 al Decreto Bersani: l’inizio della regolamentazione
Il primo tentativo di regolamentare la materia risale al 1992 con la Legge n. 175, che di fatto vietava quasi ogni forma di pubblicità sanitaria, se non in casi molto specifici. Era un approccio restrittivo, pensato per evitare derive commerciali in un ambito delicato come quello della salute.
Le cose cambiano nel 2006 con il cosiddetto Decreto Bersani (D.L. 223/2006), che segna una svolta importante. Viene introdotto il concetto di libertà di pubblicità informativa per tutte le professioni, comprese quelle sanitarie, a patto che i contenuti siano veritieri, trasparenti e oggettivi. Da quel momento, medici e fisioterapisti possono iniziare a comunicare i propri servizi, titoli professionali, tariffe e contatti – ma sempre con sobrietà e rigore.
La deontologia professionale: un pilastro ancora valido
Parallelamente alle norme di legge, esistono anche le regole deontologiche. Il Codice di Deontologia Medica, ad esempio, dedica diversi articoli (dal 54 al 57) proprio alla pubblicità, ribadendo che ogni comunicazione deve rispettare i valori di correttezza, dignità professionale e rispetto verso i colleghi. Anche i fisioterapisti, attraverso la FNOFI, Federazione Nazionale degli Ordini dei Fisioterapisti e gli Ordini territoriali di appartenenza, sono vincolati a principi analoghi, che vietano qualsiasi messaggio ambiguo o fuorviante.
Le restrizioni del 2018 e le modifiche più recenti
Nel 2018 arriva un altro momento chiave con la Legge di Bilancio (Legge 145/2018), che vieta espressamente alle strutture sanitarie private autorizzate o accreditate di utilizzare contenuti promozionali o suggestivi. È una norma che ha suscitato molti dibattiti, soprattutto per l’ambiguità di termini come “suggestivo”, che ha reso necessarie successive interpretazioni ufficiali.
Il Decreto Legge 69/2023 (detto anche Decreto Omnibus) è intervenuto proprio in questo senso, cercando di fare chiarezza: la comunicazione informativa resta legittima, anche online e sui social, purché non si trasformi in una forma di pubblicità commerciale mascherata.
Altre norme di riferimento
Oltre alle leggi principali, ci sono anche altre fonti normative che incidono indirettamente sulla pubblicità sanitaria:
- Il Codice del Consumo, che impone trasparenza verso il “cliente-paziente”.
- Il D.Lgs. 219/2006, che vieta la pubblicità dei farmaci prescrivibili al pubblico.
- Il DPR 137/2012, che ribadisce il principio di una comunicazione professionale rispettosa del decoro.
Per i fisioterapisti, un riferimento importante è rappresentato dal Codice di Autoregolamentazione della Pubblicità Sanitaria, pubblicato dall’AIFI (Associazione Italiana Fisioterapisti). Il documento – redatto in collaborazione con CittadinanzAttiva – fornisce indicazioni chiare su quali informazioni possono essere comunicate e con quali modalità, nel rispetto della deontologia e della normativa vigente.
Secondo il Codice AIFI, la comunicazione sanitaria deve includere esclusivamente:
- dati identificativi (nome, cognome, titolo professionale),
- specializzazioni e abilitazioni,
- servizi erogati, orari di apertura, contatti e tariffe,
- sedi professionali e iscrizione all’Ordine.
Sono consentite forme di pubblicità come targhe professionali, carta intestata, brochure e inserzioni su stampa.
Il limite attuale, purtroppo, è rappresentato dal fatto che il documento, ad oggi, non contempla in modo esplicito l’utilizzo di strumenti online come siti web, social media o campagne digitali. Questo rappresenta un limite concreto per i fisioterapisti che vogliono promuoversi in rete, rendendo necessario fare riferimento alle normative generali (come il Decreto Bersani e la legge 145/2018) e alle future integrazioni del Codice stesso.
L’approccio dell’AIFI mira a tutelare la dignità della professione, evitando ogni forma di messaggio autoreferenziale, ingannevole o commerciale, e promuovendo una comunicazione trasparente, sobria e informativa.
Cosa è consentito comunicare: i limiti dell’informazione sanitaria
Nel contesto normativo italiano, la pubblicità sanitaria non è vietata in assoluto, ma è ammessa solo se rientra nei confini dell’informazione corretta, trasparente e non promozionale. Per un medico o un fisioterapista, ciò significa poter parlare della propria attività, ma senza toni commerciali, promesse implicite o messaggi suggestivi.
È possibile informare il pubblico su:
- i propri dati identificativi (nome, cognome, titolo professionale, numero di iscrizione all’albo),
- le competenze e specializzazioni effettivamente conseguite,
- i servizi offerti, descritti in modo oggettivo,
- le tariffe, se comunicate in modo trasparente, senza richiami a offerte o sconti,
- le modalità di contatto (indirizzo dello studio, numero di telefono, email, orari).
Rientrano tra i contenuti leciti anche le tecniche utilizzate – come la terapia manuale o l’utilizzo di particolari strumentazioni elettromedicali – purché descritte con precisione, evitando affermazioni assolute o di efficacia garantita.
Non è invece consentito:
- utilizzare frasi promozionali come “il miglior fisioterapista della zona” o “visita gratuita solo per oggi”,
- compararsi con altri colleghi in termini di risultati o qualità del servizio,
- mostrare testimonianze di pazienti o immagini che possano indurre aspettative poco realistiche,
- pubblicare dati clinici o fotografie riconoscibili senza il consenso pienamente informato e documentato.
Nel caso dei fisioterapisti, l’AIFI, attraverso il proprio Codice di Autoregolamentazione, fornisce linee guida precise su cosa può essere comunicato in forma scritta o cartacea. Il documento autorizza, ad esempio, l’uso di targhe professionali, carta intestata, brochure, ma non affronta ancora in modo specifico il tema della pubblicità online. Questo vuoto normativo rende ancora più importante attenersi alle regole generali stabilite dalla normativa nazionale e dagli ordini professionali.
In sostanza, comunicare si può. Ma lo si deve fare con lo stesso rigore con cui si affronta un’anamnesi o si imposta un piano di trattamento: rispettando i fatti, evitando interpretazioni arbitrarie e tenendo sempre al centro il paziente, non il professionista.
Contenuto | Consentito | Vietato |
---|---|---|
Nome, cognome, titolo professionale | ✔ Sì | ✘ No, se il titolo è non riconosciuto o inventato |
Numero di iscrizione all’Albo/Ordine | ✔ Sì | ✘ No, se omesso in contesti obbligatori |
Specializzazioni o aree di intervento | ✔ Sì, se effettivamente possedute | ✘ No, se non comprovabili o riconosciute ufficialmente |
Descrizione delle prestazioni | ✔ Sì, in forma oggettiva | ✘ No, se accompagnate da garanzie o risultati promessi |
Tecniche e strumenti usati | ✔ Sì, se descritte in modo neutro | ✘ No, se presentate come superiori o risolutive |
Tariffe e costi delle prestazioni | ✔ Sì, se trasparenti | ✘ No, se legate a sconti, offerte o vantaggi temporanei |
Contatti, orari, sedi di attività | ✔ Sì | ✘ No, solo se associati a messaggi promozionali |
Testimonianze di pazienti | ✘ No | ✘ Vietate in ogni forma pubblica |
Comparazioni con altri professionisti | ✘ No | ✘ Vietate dalla normativa e dal codice deontologico |
Immagini “prima e dopo” o casi clinici | ✘ Generalmente no | ✘ No, salvo casi rarissimi con consenso scritto, verificabile e non riconoscibile |
Uso dei social media | ✔ Sì, con tono informativo e sobrio | ✘ No, se usati per autopromozione o contenuti suggestivi |
Cosa è vietato comunicare? I confini della pubblicità sanitaria
Se da un lato la normativa consente una comunicazione sanitaria sobria e informativa, dall’altro pone divieti chiari e non negoziabili. Ignorarli espone i professionisti a sanzioni disciplinari, segnalazioni agli ordini, responsabilità legali e, non meno importante, a un danno reputazionale.
Per un medico o un fisioterapista, capire cosa non si può dire o mostrare è tanto importante quanto sapere cosa è ammesso. Non basta avere buone intenzioni: serve metodo, attenzione al linguaggio e piena consapevolezza del perimetro entro cui si può comunicare.
Il primo grande divieto riguarda l’uso di toni suggestivi o promozionali. Espressioni come “i migliori trattamenti per il mal di schiena”, “garanzia di risultati” o “cura definitiva” non sono solo scorrette: sono vietate. Anche quando il contenuto di base è fondato – come una tecnica supportata da letteratura scientifica – l’enfasi promozionale può invalidare l’intero messaggio.
Non è consentito utilizzare sconti, promozioni, pacchetti speciali o offerte a tempo. La comunicazione sanitaria non può essere assimilata al marketing commerciale. Un messaggio che fa leva su urgenza, convenienza economica o vantaggi esclusivi tradisce lo spirito della normativa.
Un altro divieto fondamentale è la comparazione tra colleghi o strutture. Non si possono pubblicare messaggi che implicano o affermano la superiorità di un professionista rispetto a un altro. Né si possono citare i risultati ottenuti in confronto a chi lavora in ambiti simili.
È espressamente vietata anche la pubblicazione di testimonianze di pazienti, recensioni, opinioni personali o immagini del “prima e dopo”. Anche se autentiche, anche se spontanee, queste comunicazioni non sono considerate ammissibili. Non solo rischiano di essere fuorvianti, ma violano spesso i principi di privacy e dignità del paziente.
Infine, l’utilizzo di immagini sensazionalistiche, linguaggio medico distorto o riferimenti emotivi – come “ritrova la felicità in 3 sedute” – rientra tra i comportamenti sanzionabili. L’informazione sanitaria deve rimanere ancorata a dati verificabili, senza cercare di influenzare emotivamente chi legge.
Per i fisioterapisti, le linee guida AIFI sono particolarmente chiare su questi aspetti: ogni forma di comunicazione deve mantenere un linguaggio professionale, sobrio e rispettoso. Il Codice di Autoregolamentazione non vieta la presenza online, ma chi sceglie di comunicare attraverso il web o i social ha la responsabilità di farlo con lo stesso rigore che userebbe in un contesto clinico.
In conclusione, conoscere i divieti espliciti non serve solo a evitare sanzioni. Serve soprattutto a comunicare con autorevolezza e coerenza, senza scivolare in scorciatoie che, nel medio periodo, compromettono la credibilità del professionista.
Comportamento / Contenuto | Motivo del divieto |
---|---|
Uso di frasi promozionali (“migliore”, “definitivo”, ecc.) | Linguaggio suggestivo, non oggettivo |
Promesse di risultato (“cura garantita”, “risoluzione sicura”) | Induce aspettative irrealistiche, non verificabili |
Offerte, sconti, pacchetti promozionali | Equiparazione al marketing commerciale, vietato per legge |
Recensioni o testimonianze di pazienti (anche vere) | Considerate influenzanti e potenzialmente ingannevoli |
Immagini “prima e dopo” o foto cliniche riconoscibili | Rischio di violazione della privacy e messaggio visivo suggestivo |
Confronti con altri professionisti o strutture | Vietata ogni forma di pubblicità comparativa |
Frasi a impatto emotivo (“torna a vivere senza dolore”) | Contenuto persuasivo, non informativo |
Utilizzo strumentale di emozioni, paure o fragilità | Sfruttamento della vulnerabilità del paziente |
Linguaggio pseudoscientifico o esagerato | Contrario ai principi di trasparenza e chiarezza |
Riferimenti a risultati “certificati” senza fonte documentata | Mancanza di oggettività e verificabilità |
Canali e strumenti: dove e come comunicare
La comunicazione sanitaria si sviluppa oggi su più canali, dai mezzi cartacei alle piattaforme digitali. Per medici e fisioterapisti, la possibilità di presentare il proprio lavoro al pubblico è reale, ma deve sempre rispettare i criteri di veridicità, sobrietà e correttezza. Le regole non cambiano in base allo strumento utilizzato: ciò che conta è il contenuto e il modo in cui viene espresso.
Siti web professionali
Il sito web è uno strumento efficace per presentare in modo ordinato e completo il proprio profilo professionale. È possibile inserire il titolo di studio, i principali ambiti di intervento, le tecniche utilizzate, le tariffe, i recapiti, gli orari di ricevimento. È importante, però, che ogni informazione sia presentata con un linguaggio descrittivo, mai promozionale.
Per esempio, è corretto scrivere:
“Si eseguono trattamenti di terapia manuale per la gestione del dolore muscoloscheletrico, secondo linee guida internazionali.”
Questa formulazione è sobria, chiara e legata a criteri scientifici. Al contrario, affermazioni come:
“Cura garantita in poche sedute. Il miglior trattamento disponibile.”
sono da evitare: si tratta di espressioni suggestive, non supportabili in modo oggettivo e quindi contrarie alla normativa.
Inoltre, la presentazione del professionista deve essere neutra. Dichiarare, ad esempio:
“Laureato in Fisioterapia presso l’Università di Verona, specializzato in Riabilitazione Muscoloscheletrica presso il Master in Riabilitazione dei Disordini Muscoloscheletrici di Genova”
è una comunicazione corretta.
Scrivere invece:
“Professionista di riferimento a livello nazionale. Esperienza senza paragoni.”
è un messaggio autoreferenziale e comparativo, che viola i principi di correttezza deontologica.
Social media e contenuti digitale
L’utilizzo di piattaforme social è sempre più diffuso anche tra i professionisti sanitari. Facebook, Instagram o LinkedIn possono essere usati per informare e dialogare con il pubblico, ma vanno gestiti con consapevolezza. È lecito pubblicare contenuti di taglio divulgativo, aggiornamenti sulla propria formazione, riflessioni cliniche generali, purché espressi in modo sobrio e rigoroso.
Un post che spiega, ad esempio, il funzionamento del dry needling citando fonti affidabili è pienamente legittimo. Ma frasi come:
“Scopri il trattamento che elimina il dolore all’istante. Prenota ora.”
trasformano la comunicazione in promozione commerciale, cosa che la legge esclude espressamente.
Un altro aspetto cruciale riguarda le testimonianze e le recensioni. Anche se spontanee e autentiche, non possono essere pubblicate. La normativa non ammette messaggi che possano influenzare le scelte dei pazienti facendo leva sull’esperienza personale altrui. Allo stesso modo, sono vietate le immagini del “prima e dopo”, anche se accompagnate da consenso: si tratta di contenuti visivamente suggestivi, non compatibili con un’informazione sanitaria corretta.
Se si desidera raccontare un caso clinico, è possibile farlo solo in forma anonima, senza dettagli identificativi né foto. Il racconto deve essere tecnico, orientato all’analisi, non alla promozione del risultato.
Strumenti cartacei
Targhe professionali, biglietti da visita, carta intestata e brochure sono strumenti ancora validi, se utilizzati nel rispetto della normativa. Devono riportare soltanto le informazioni essenziali: nome e cognome, titolo, recapiti, orari, eventuale specializzazione. Nessuno di questi supporti può contenere slogan o messaggi promozionali. Un volantino che informa su un nuovo servizio va bene. Un volantino che offre un “pacchetto a prezzo speciale” no.
Lo stesso vale per le email e le newsletter: possono essere usate per informare, non per vendere. Un invio periodico con articoli divulgativi o aggiornamenti sull’attività è ammesso. Una mail che invita a prenotare subito per non perdere un’occasione non lo è.
Linee guida e controlli: chi regola la pubblicità sanitaria
Se la legge stabilisce i principi generali in materia di pubblicità sanitaria, il compito di interpretare e applicare questi principi nella pratica è affidato agli Ordini professionali. Per medici e fisioterapisti, le linee guida emanate dagli organismi di rappresentanza giocano un ruolo centrale nella definizione di cosa è ammesso e cosa no.
Nel caso dei medici, il riferimento primario è la FNOMCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri), che ha pubblicato documenti specifici per orientare la comunicazione sanitaria, soprattutto in ambito digitale. Le linee guida ribadiscono che ogni informazione al pubblico deve essere fondata, documentabile, rispettosa della dignità della professione e del paziente.
Per i fisioterapisti, il quadro si è evoluto con la nascita della FNOFI (Federazione Nazionale Ordini dei Fisioterapisti), a cui oggi è affidato il compito di vigilare sul rispetto del codice deontologico anche per quanto riguarda la comunicazione. Accanto a questo, rimane valido e utile il Codice di Autoregolamentazione AIFI, che – pur non avendo valore vincolante per l’Ordine – fornisce indicazioni operative coerenti con le norme vigenti.
Autodichiarazioni e obblighi formali
Per alcune categorie professionali, come i medici, è previsto l’obbligo di comunicare all’Ordine di appartenenza l’attivazione di un sito web contenente informazioni sanitarie. La comunicazione deve essere corredata da una dichiarazione di conformità ai principi deontologici. Anche se al momento non è previsto un obbligo analogo per i fisioterapisti, la FNOFI può comunque esercitare un controllo deontologico sui contenuti pubblicati.
Questo significa che un post sui social, un sito o una brochure possono essere oggetto di verifica da parte dell’Ordine, soprattutto in caso di segnalazioni o reclami da parte di pazienti, colleghi o enti pubblici.
I controlli: come funzionano
I controlli partono quasi sempre da una segnalazione. Può essere un paziente che si sente fuorviato da un messaggio, un collega che rileva una violazione del codice deontologico, o anche una verifica interna dell’Ordine. In caso di sospetta irregolarità, l’Ordine può aprire un procedimento disciplinare, che può portare a richiami formali, sospensioni o, nei casi più gravi, alla radiazione.
Nel caso dei fisioterapisti, la Commissione di Albo provinciale ha competenza in materia disciplinare e può intervenire anche su contenuti diffusi online, se questi violano il decoro e l’etica professionale. Questo vale anche per chi lavora come libero professionista o all’interno di studi privati.
Responsabilità individuale
È importante chiarire che la responsabilità ricade sempre sul singolo professionista, anche quando il contenuto viene pubblicato da uno studio, una struttura o un’agenzia di comunicazione. Delegare la gestione della comunicazione non significa delegare anche la responsabilità. In caso di violazione, non vale dire “non lo sapevo” o “non l’ho scritto io”: chi firma un contenuto o ne trae vantaggio ne è responsabile.